I cavalli erano sempre stati la mia passione. Con loro c’era un rapporto speciale, di reciproco rispetto e di fiducia.
Forse era per questo che con me erano tranquilli anche quelli più riottosi ed intrat-tabili.
Avvicinandoli, mostravo loro le mani aperte, magari con un pezzo di carota o di pane per fargli capire che non avevo cattive intenzioni.
Loro sembravano comprenderlo; avvicinavano le labbra vellutate alle mani, annu-savano rumorosamente ciò che c’era sopra, poi con una delicatezza infinita lo prelevavano solleticandomi i palmi.
Spesso quasi sembravano rubare ciò che offrivo per poi ritirare velocemente la te-sta, restando a guardarmi come dei monelli, con i grandi occhi vivaci, le orecchie ben dritte e in avanti e il pezzo di cibo mantenuto tra i denti, sporgente, quasi a chiedere “E ora... posso mangiarlo?”