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Venerdì, Aprile 26, 2024

L'ultimo ostacolo (2007)

ostacolo
I cavalli erano sempre stati la mia passione. Con loro c’era un rapporto speciale, di reciproco rispetto e di fiducia.
Forse era per questo che con me erano tranquilli anche quelli più riottosi ed intrat-tabili.
Avvicinandoli, mostravo loro le mani aperte, magari con un pezzo di carota o di pane per fargli capire che non avevo cattive intenzioni.
Loro sembravano comprenderlo; avvicinavano le labbra vellutate alle mani, annu-savano rumorosamente ciò che c’era sopra, poi con una delicatezza infinita lo prelevavano solleticandomi i palmi.
Spesso quasi sembravano rubare ciò che offrivo per poi ritirare velocemente la te-sta, restando a guardarmi come dei monelli, con i grandi occhi vivaci, le orecchie ben dritte e in avanti e il pezzo di cibo mantenuto tra i denti, sporgente, quasi a chiedere “E ora... posso mangiarlo?”


Allora, con tono scherzoso, li redarguivo, giocando al tentativo di sottrargli la lec-cornia; puntuale arrivava in risposta un sordo nitrito, una lieve testata sulla spalla... e il ghiotto boccone spariva, triturato rumorosamente.
Mi divertivo con loro; che fosse una passeggiata in campagna o una lezione in maneggio il mio approccio era sempre quello: coccole di incoraggiamento, lavoro e, alla fine, una ricca ricompensa di mele, carote e pane.
Loro erano bravi; ero io che, regolarmente, in gara andavo in palla. Non ne imbroccavo una, c’era sempre l’errore o la sbavatura tecnica che comprometteva un risultato che poteva essere eccellente.
E a seguire... puntuali arrivavano i rimproveri dell’istruttrice, che non me ne ri-sparmiava neanche mezza.
Aveva ragione, specie nel periodo in cui mi presi carico del cavallo di un’amica. Markus era il classico animale che, come si dice nel mondo dell’equitazione, sapeva leggere, scrivere e far di conto. Aveva un’eccezionale esperienza, un piede sicuro e un cuore generosissimo.
Insomma, dove non arrivavo io immancabilmente arrivava lui, perdonandomi spesso errori che neppure una principiante alla seconda lezione faceva più.
Le prime gare con lui furono discrete, anche se sempre macchiate da errori idioti che portavano via punti: un anticipo su un salto, un’entrata sbagliata in una gabbia e la barriera che immancabilmente veniva toccata e… toc… finiva a terra. Errori miei, della mia paura che inevitabilmente portavano lui a sbagliare.
“Santo cavallo che ti si porta!!!”
Questo fu il commento urlatomi un giorno dall’istruttrice, durante un allenamento in preparazione di un Interregionale.
Vero: avevo esitato davanti a un ostacolo stupidissimo, un dritto di appena un me-tro che Markus si sarebbe mangiato come se nulla fosse...e invece, con il solo anticiparlo sulla battuta, lo avevo costretto a una frena pazzesca e al conseguente rifiuto.
In concorso mi sarebbe costato un mare di punti, nel migliore dei casi.
Tornai sull’ostacolo, ma evidentemente la mia testa era fuori sintonia dalla sua; una nuova frena, un secondo rifiuto...in gara sarebbe stata l’eliminazione.
Un cenno verso l’istruttrice, come a implorarla di non dirmi nulla, mi sentivo già abbastanza incapace senza che me lo facesse notare.
Fine lezione; portai Markus verso il box. Taciturna e arrabbiatissima con me stessa cominciai a prendermi cura di lui, come sempre. Gesti che conosceva benissimo, usuali e ripetitivi, ma di cui non percepiva, stavolta, l’amore.
Batté forte in terra con un anteriore per richiamare la mia attenzione. Mi voltai guardandolo in modo interrogativo. Ancora il rumore sordo dello zoccolo sulla paglia, un nitrito sommesso, poi la sua testona si strofinò energicamente sul mio braccio sinistro, come a volermi consolare.
Appoggiai la fronte sulla sua, sospirando. Mi sentivo cretina perché sapevo di avere come compagno un essere meraviglioso di cui potevo fidarmi ciecamente e, quel giorno, non c’ero riuscita.
Markus non si sottrasse alle coccole, continuando a brontolare soddisfatto.
Cominciai a toelettarlo... criniera a funghetti, treccia alla coda... operazioni che non rappresentavano nulla di nuovo e che per me erano un piccolo momento di relax dopo una lezione che peggio non poteva andare.
Pensavo al giorno dopo, al concorso, quasi con terrore mentre mettevo a Markus le fasce da riposo.
E il giorno dopo arrivò... ad una velocità spaventosa.
Arrivai prestissimo per avere il tempo necessario a pulire per bene quel monello a quattro zampe. Sarebbe stato sicuramente da spazzolare a fondo, visto che il mantello gri-gio non era il più adatto a nascondere anche la più piccola traccia di sporco. Anche la toe-lettatura sarebbe stata da ricontrollare e poi c’erano i finimenti da ripassare dopo l’ingrassaggio della sera precedente.
Intanto gli addetti del maneggio, seguendo le istruzioni dello chef de piste, portavano pilieri e barriere per l’allestimento del percorso.
In campo prova cercai di non pensare, di concentrarmi su quel che dovevo fare. Seguii quasi maniacalmente il programma di riscaldamento per Markus; un bel po’ di passo per sciogliere e preparare i muscoli, un po’ di trotto e galoppo per trovare la nostra sintonia, tre-quattro salti... eravamo i quarti a scendere in campo.
Ci presentammo sotto la giuria trottando con spavalderia, come se quel percorso non ci preoccupasse assolutamente; stop, saluto... poi la campanella... diedi una carezza a Markus, un profondo respiro e via!
Sedici ostacoli per diciannove salti... uno dopo l’altro li macinammo come niente... nel silenzio sentivo solo il mio cuore, i nostri respiri a cadenza sul tempo di galoppo sicuro e costante.
Il dritto... il muro (Dio che brutto!)... eravamo quasi alla fine... restava solo la doppia gabbia, proprio sotto alla giuria... guardai l’elemento d’uscita mentre il cuore accelerava e il terrore si apriva con prepotenza un varco nella mia testa: un largo che sembrava enorme!
Markus era in dirittura, già pronto ad aumentare la cadenza per prepararsi al salto.
Tra il primo e il secondo elemento lo spazio di due tempi di galoppo, tra il secondo e il terzo ce n’era solo uno.
“Dritto – dritto – largo” pensai... strinsi le gambe attorno al torace del cavallo, dritto... dritto... poi la paura del largo.
In un nanosecondo passai le redini nella sinistra mentre la destra andò ad afferrare la criniera, l’ultimo ciuffetto proprio sopra al garrese.
“Markus, pensaci tu...” mormorai mentre chiudevo gli occhi e le gambe insistevano a incitarlo, a dirgli di non fermarsi.
Sentii la battuta decisa degli anteriori, poi la spinta poderosa dei posteriori che ci spingevano in aria... un tempo che parve interminabile prima di sentire nuovamente gli anteriori in appoggio... il rumore inconfondibile degli zoccoli dietro che toccavano la barriera -toc-... aspettai il suo tonfo sulla sabbia come la conferma del mio ennesimo fallimento... un applauso fragoroso… stavolta il nostro percorso era stato netto! Ce l’avevamo fatta!
Non ci credevo... mi pareva impossibile! Mi voltai verso il punto dove sapevo essere la mia istruttrice... un sorriso e i pollici in alto!
Uscii dal campo, mi venne incontro; nessuna parola, solo uno scambio di occhiate che la dicevano lunga.
Allentai allora il sottopancia di Markus indulgendo generosamente in carezze sul collo: le meritava tutte! Le nostre teste avevano avuto entrambe il desiderio di riuscire e la sua forza aveva portato entrambi i nostri cuori oltre l’ostacolo.
*****
Nella sala visita dell’ospedale guardo il dottore che ha in mano il referto dell’esame istologico di un nevo, lo guardo ben dritto  in faccia cercando di capire cosa vuole dirmi.
“E’ un melanoma... un tumore... ci sono delle micro metastasi... deve fare delle cu-re...”
Il mondo pare crollarmi addosso... “Quando la mia vita potrà scorrere tranquilla e non trovare sempre intoppi davanti?”
Ostacoli.... sempre ostacoli… per un attimo, dopo tanti anni, ripenso a quella gara, a quel largo che mi faceva così tanto spavento... 
La paura torna a impadronirsi di me in modo incontrollabile, mi viene da piange-re... ancora una barriera, ancora un largo da superare... ancora l’ultimo ostacolo...

 

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2012, “L’ultimo ostacolo” – inserito nell’antologia “Donne speciali – Storie ordinarie di persone straordinarie” – Soc. MonteCovello Edizioni
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