Il fuoco del camino riempiva la stanza di una luce irreale, soffusa e il crepitio delle fiamme riempiva il silenzio in cui la vecchia capanna era sprofondata.
Era stata una dura quanto inutile giornata di caccia e ora la notte avvolgeva il mondo in un abbraccio che rendeva tutto uguale. La neve fioccava lenta, giocando tra i refoli di vento che scuotevano lievemente gli abeti e lui se ne stava là, in piedi, dietro ai vetri della finestra, a rimirare quella strana danza.
Guardò il camino. Rabbrividì, stringendosi nel giubbotto imbottito e andò a gettare un ciocco tra le fiamme. Nella legnaia i cani uggiolavano sommessamente abbandonandosi nelle braccia del sonno.
In un angolo buio, si levava il sordo russare dell’indiano che l’aveva guidato lungo i sentieri della montagna alla ricerca della sua preda.
Si rannicchiò vicino al fuoco, restando per un po’ a fissare il dimenarsi irregolare delle sue lingue saettanti fino a quando, ipnotizzato, chiuse gli occhi arrendendosi alla stanchezza. La notte passò tra ombre e luci di sogni e illusioni; comunque troppo in fretta. Un violento scrollone lo destò nella parte migliore del riposo. Mugugnò qualcosa senza molto senso.